martedì 6 settembre 2011

Capitolo 3: Addii.

Scusate, non posto più da un sacco di tempo! o.O Vabbè, ecco il terzo capitolo! Scusate se fa schifo, e so che fa schifo, ma non voglio cambiarlo, perchè poi mi toccherebbe rittocare un saco di cose negli altri capitoli...

Entrai e subito i miei genitori mi vennero incontro. Mia madre mi si avvento contro al primo momento. Fece segno di abbracciarmi, ma si fermò. Non mi aveva mai abbracciata, figurarsi farlo adesso. -Dove sei stata Alex. Eravamo così preoccupati. Non rispondevi al cellulare, noi…-rimase un attimo in silenzio. -Eravamo preoccupai.- Concluse mio padre. “Si certo, come no” -Beh, ora sono tornata a casa, ero a fare una passeggiata. Vorrei mangiare.- Risposi duramente. -Va bene, non abbiamo mangiato neanche noi. In realtà ci farà bene un pranzetto insieme.- -Bene.- Mi ersi in tutta la mia altezza e gli voltai le spalle. In quel momento gli odiavo. Gli odiavo perché si preoccupavano, cosa che non avevano mai fatto. Gli odiavo perché, per l’ennesima volta, si erano dimenticati il mio compleanno. Gli odiavo perché non erano mai stati dei veri genitori. Gli odiavo perché venivano a farmi visita al massimo una volta ogni tre mesi. Gli odiavo, perché non si erano accorti del mio cambiamento. Andai in bagno e mi feci una doccia. Di solito, per quanto poco ne sapessi, le donne che venivano stuprate provavano vergogna per loro stesse. Ma io non volevo, io volevo combattere quel male, io volevo viverlo, volevo continuare a vivere la mia vita, e non sarebbero stati dei luridi bastardi ad impedirmelo. Non bastava quello per farmi cedere. Ormai ne ero convinta. Avevo ufficialmente diciotto anni, e potevo andarmene. E potevo iniziare una nuova vita. Una nuova vita, in cui mi sarei vendicata. Mi vestii in fretta poi scesi un cucina. Pranzo a base di Hamburger e patatine. Il pasto dei ricchi. Mi sedetti a tavola, i miei mi guardarono mangiare. Con la coda dell’occhio vidi mia madre muovere le labbra, cercando di dire qualcosa al marito. Infatti poco dopo, mio padre si mise a parlare, o meglio a cercare di comunicare, con sua figlia. -Allora, come stai?- Parlava a bassa voce, come se non volesse veramente farsi sentire. Come cazzo credi che mi senti? -Sto bene.- Risposi gelidamente. -Noi…pensavamo di restare per qualche tempo.- Smisi di mangiare di colpo, alzai lo sguardo. Loro, i genitori sempre occupati nel lavoro, volevano rimanere un po’ di più con la loro figlioletta? -Perché.- La mia non era neanche una domanda. Era un accusa. Mia madre si fece coraggio e parlò. Anche lei a bassa voce. -Ecco, pensavamo che tu avessi bisogno di conforto.- Rimasi di sasso. Avevano saputo. Ero stata un idiota, come poteva la madre di Lisa non avvertire alla madre della migliore amica della propria figlia deceduta, che Elisa, la ragazza più solare e bellissima del paese, fosse morta. Mi alzai di scatto in piedi, la sedia cadde in terra, sbattei i pugni sul tavolo. L’odio che avevo provato prima, non era nulla in confronto a quello che provavo adesso. Ribollivo dentro, come una pentola pressione che sta per scoppiare. -Alex, noi pensiamo che tu abbia bisogno di qualcuno con qui stare. E noi siamo i tuoi genitori.- In quel momento scoppiai. Sentii un grande BOOM dentro di me. Cominciai ad urlare. -Certo! Statemi vicina! E per quanto? Due giorni! E poi scappate via con quei cazzo di vostri cellulari con il vostro lavoro da schifo! Fottendovene di vostra figlia! Di quello che prova quando non ci siete, dei ricordi che gli assalgono la mente, tipo quando mio padre mi cantava una canzone, o quando mia madre mi leggeva una fiaba.- Mi fermai per riprendere fiato, e godermi le loro facce scioccate. Era crudele e ne ero consapevole, ma come ho detto prima, sarei diventata un'altra persona. Non sono più la vecchia Alex che subiva e non faceva nulla, no. Questa era la nuova Alex, che se riceveva uno schiaffo, prima o poi lo rende cento volte più forte. -Come potreste prendervi cura di me, se vi siete anche dimenticati il mio diciottesimo compleanno.- Sibilai. -N-noi…-provò a balbettare mia madre. -No, non voglio sentire scuse, ho subito la vostra merda per ben diciotto anni. Ora sono stanca. Non ne posso più di voi due. Di questa schifosissima vita. Ora basta, sono stanca. La vecchia Alex ora è morta definitivamente. L’Odio che provavo per voi se ne andato. Ora, non provo nulla.- Era vero, so che è una cosa crudele da dire ai propri genitori, ma loro non erano i miei genitori.-voi non siete niente.- Mi diressi verso la mia camera, lasciandoli li, mia madre con le lacrime agli occhi, e mio padre con la forchetta sospesa nell’aria con le lacrime che gli gocciolavano nel piatto. Feci i bagagli, presi uno zaino e lo riempii di roba. Non stavo nemmeno a guardare che cosa prendevo. Aprivo un cassetto e infilavo nello zaino. Quando non si poteva più infilare nemmeno una mezza calza lo chiusi e scesi le scale. Li trovai ancorali, immobili. Appena mi madre mi vide scoppiò in lacrime,e tra i singhiozzi riuscì solo a capire -Dove andrai?- Sorrisi scoraggiata. Dove andare? Alec era l’unica possibilità. Sussurrai perché non riuscii ad alzare la voce di nuovo con loro. -Lontano.-Mio padre si alzò e si avvicinò a me. -Alex…- Provo ad abbracciarmi, ma mi scostai. -No papà, non puoi rimediare, anzi, non potete rimediare, al danno che mi avete fatto, con un semplice abbraccio. Voglio stare lontano. Me ne andrà via. In un posto sconosciuto. Ci sentiremo qualche volta, ma, per ora, voglio stare per conto mio. Ho diciotto anni adesso, sono libera di fare quello che voglio.-Li fissai per un istante, aprii la porta. Po prima di chiudermi alle spalle la mia vecchia vita, gli lanciai un rapido e gelido sorriso. -Sappiate, che anche se mi avete causato tanto dolore, siete comunque i miei genitori. E inevitabilmente, vi voglio bene.- Mi chiusi la porta alle spalle, facendo in tempo a sentire il singhiozzo di mia madre. Sentii un rombo familiare, un rompo lussuoso. Alec era arrivato. Mi diressi verso la macchina nera, aprii lo sportello ed entrai. Lo fissai per qualche secondo, mi sorrise leggermente, dando un occhiata allo zaino che portavo a tracolla, e poi premette sull’acceleratore. La macchina partì con una sgommata. -Ne vuoi parlare?- Cambiai subito discorso. No, non ne volevo parlare. -Credo che tu mi debba sopportare più del dovuto.- -Non credo sia un problema. Ci sono sempre posti in più in quella baracca.- Mi lanciò uno sguardo e mi sorrise. Osservai quella cicatrice. Aveva un ché di ipnotico. Osservai anche i denti lucidi e bianchi. Mi sorpresi aveva una dentatura perfetta. Notai che era poco più grande di me, sui venti anni. Era vestito normalmente. Jeans neri, una camicia bianca con le maniche alzate, cosi da mostrare i muscoli delle braccia. Era vestito come la sera della festa. Mi venne un brivido ricordando. Voltai lo sguardo. -Perché non mi hai voluto dire della tua cicatrice?- Ricordai che non mi aveva risposto quando gli avevo posto la domanda. Lo vidi immobilizzarsi. -E’…uno storia complicata. E preferirei non parlarne.- capii che era un congedo. Arrivammo presto a casa, entrai, ormai conoscendo la strada, e mi diressi verso la cucina. Alec mi seguiva con lo sguardo. Aprii il frigorifero bianco, ci guardai dentro. Cibo, e cosa più bella, birra. Presi due bottiglie. -Che fai?- Il ragazzo mi guardò accigliato. Stappai le bottiglie, poi gliene porsi una. Gli sorrisi sadica. -Festeggiamo il mio compleanno.- Bevvi un grande sorso. Addio vecchia Alex. Benvenuta la nuova.

7 commenti:

Elan ha detto...

Un autore non dovrebbe mai dire che un suo racconto è orribile! E' una parte di noi, e se l'abbiamo scritta un motivo c'è ;)
E poi, veramente non è orribile :) Un po' pieno di errori, questo sì, ma non orribile ^_^

Ti faccio un monito grande come una casa XD
Occhio ai pronomi:
Gli - si usa riferendosi a un soggetto singolare maschile
La - si una riferendosi a un soggetto singolare femminile
Li - si usa riferendosi a un soggetto plurale maschile
Le - si usa riferendosi a un soggetto plurale femminile

Quando ci si riferisce a due soggetti, uno maschile e uno femminile, si usa sempre il pronome maschile :)

Per il resto non lo so... mi sembra un cambiamento troppo rapido e repentino, anche se giustificabile per quel che le è appena capitato :) Sostituire un senso di paura e sconforto con un senso di rabbia è una reazione possibilissima, però credo che il cambiamento dovrebbe essere avvenuto in maniera un po' più graduale :)

Per il resto, ben tornata!! :D
Aspettavo con ansia la continuazione ^_^ Come aspetto ora con ansia il prossimo capitolo ^_^
A presto
Elan

Elva Young ha detto...

Si ma più io vado avanti e più mi rendo conto delle cose che avrei potuto migliorare, delle cose che avrei potuto scrivere...delle possibilità... è un po incasinato...
Capito il senso? XD

Elan ha detto...

Capito capito... credimi, ti capisco XD
A me succede anche a racconto finito, specie a distanza di anni da quando l'ho scritto... per questo tendo a evitare di rileggerli e/o sforzarmi di lasciarli così come sono... altrimenti sarebbe un macello XD

Elva Young ha detto...

Infatti XD Sai...credo che quando avrò una laurea in psicologia(se mai riuscirò a supererare i 5 anni di liceo classico, i 3 anni di studio univerità, e poi queli di specializzazione. Fanno paura vero? XD) lo riscriverò qualcosa del genere! Perchè l'idea mi piace! :D

Anonimo ha detto...

La storia è molto carina l'unica cosa dovresti dare un'occhio alla grammatica!:) anch'io dovrei farlo in alcuni casi!;)
Concordo con Elan..io credo che dalla paura alla rabbia ci sia qualcos'altro di mezzo!
Comunque fai bene a scrivere.. è un ottimo esercizio per il libro futuro che scriverai!:)
A presto...Sibilla

Elva Young ha detto...

@Sibilla:
E' proprio per quello che scrivo! Per tenermi in allenamento! :D
Il fatto e che questa storia è abbastanza complicata, tante cose messe insieme e da controllare.
E' difficile... o.O

Anonimo ha detto...

ti posso capire..io faccio un sacco di errori e per questo scrivo anche un sacco! eheheh...
A presto...Sibilla