Questo capitolo è l'anteprima del disastro che sucederà nel prossimo.
Spero vi piaccia.
-Come fai a sapere il mio nome?- Sedevo su una sedia, in una cucina abbastanza lurida, ma dovevo accontentarmi. Dopo la scenata nella camera ero andata a sedermi su una sedia, e pian piano mi ero calmata. Il ragazzo è venuto poco dopo con il coltello fra le mani, lo ha poggiato sul tavolo, e si è seduto davanti a me. Dicendomi che si chiamava Alec. Poi, con u mezzo sorriso mi rispose.
-I tuoi documenti. Erano nella tasca della gonna.-
-Lo sapevi anche quando mi hai presa in braccio.-Rimasi un po’ zitta.-Quella notte.-
-Ti era caduto in terra, io ho raccolto tutto e ti ho portato via.- La sua voce era diventata talmente bassa da dover aguzzare l’udito. Mi ritrovai anche io a bisbigliare.
-Perché l’hai fatto?-
-Non lo so, è stata una cosa istintiva. Fin da quando ti ho vista alla festa ho capito che stava per succedere qualcosa.- Si alzò, e si mise a fare il caffè.
-Che cosa erano quelli?-
-Te l’ho già detto.-
-Voglio sentirmelo dire adesso, che sono cosciente di quello che è successo.-
-Vampiri.- Mi guardò per qualche secondo, ricambiai l’occhiata, poi si voltò, mise la caffettiera sul bollitore e venne a sedersi di nuovo davanti a me.
-Parlami di loro.- Volevo capire. Capire chi, che cosa, mi aveva fatto del male. E chi, aveva succhiato via il sangue alla mia amica. Fece un bel respiro.
-I vampiri sono unici. Non hanno simili. Sono solo vampiri. E ogni notte, puntano solo ad una cosa. Il sangue. Questa volta si sono spinti più in la. Di solito non lo fanno, ma a quanto pare tu sei… -lasciò la frase in sospeso, e fece bene, perché se solo si sarebbe azzardato, lo avrei preso a schiaffi seduta stante. Riprese subito dopo.-E di solito non lasciano testimoni. I Vampiri odiano essere visti.-Lo interruppi. Ora toccava a me fare le domande.
-Quanti sono?- fece uno strano suono con la bocca. Un misto tra una risata soffocata e un singulto.
-I vampiri? Moltissimi. Troppi, e riescono a confondersi con la gente normale tranquillamente.-
-Escono solo di notte, o anche di giorno?-
-Qui non si parla di leggende come Dracula. Qui si parla di realtà. Il sole non li fa assolutamente nulla. Solo che non possono bere di giorno. Gli è concesso solo di notte.-
-Chi glielo impedisce?-
-Loro stessi. Sin dall’inizio della loro esistenza, hanno fatto una specie di patto con un capo clan, e si parla di millenni, e il patto consiste nel non mangiare di giorno. Inizialmente furono un po’ contrari, ma poi si abituarono all’idea. Cacciare di notte è più…-ci pensò su, poi disse con tono monotono- da mostro.-
-Hanno un capo?-
-Non tutti, alcuni entrano a far parte di alcuni Clan, e altri viaggiano in coppie, molti invece vagano da soli per il mondo.- La mia idea andò in fumo, però sorrisi lo stesso. Un sorriso gelido, da assassino.
-Hanno dei poteri?-
-Poteri?- Mi guardò sbalordito, le sopracciglia inarcate.
-Si poteri, vanno super veloci, forza…qualcosa da super mostro.-Quasi scoppiai a ridere per la mia stessa battuta, ma mi trattenni. Lo fissai ansiosa.
-Bèh, sono molto forti, sono più rapidi degli umani. Non molto, ma se dovessero fare una gara di velocità contro il campione assoluto del mondo vincerebbero loro.-
-Per quanto tempo possono vivere?-
-Bèh, dipende… se non gli uccidi prima possono vivere sino a compiere anche mille anni. Ma di solito, o almeno i più stupidi, si uccidono perché sono stanchi. Il loro invecchiamento è simile a quello umano. Solo molto, molto più rallentato.-
-Hanno paura di qualcosa?-
-Si, di molte cose, una di queste è l’argento. Infatti è quello che ho usato io per mandarli via.-
-Quanto argento hai?-
-Parecchio.- Sorrise sadico, la cicatrice sulla guancia fu ancora più visibile.
-Come te la sei fatta?- Dissi indicando con l’indice la cicatrice. Sobbalzò, voltò lo sguardo e non rispose. Attesi. Lo vidi alzarsi e prendere la caffettiera, versare quanto più caffè nella tazzina e porgermela. La presi noncurante del fatto che fosse bollente e lo sorseggiai. Poi una lampadina mi si accese nella mente, il caffè mi andò di traverso. Tossi forte. E quando ebbi abbastanza fiato, lanciai uno sguardo ad Alec, che mi fissava un po’ sbalordito e un po’ divertito.
-Che giorno è oggi?-
-L’8 agosto 2011. Perché?-
-E’ il mio compleanno.- Lo sussurrai, non mi resi neanche conto che, se quel giorno era il mio compleanno, ero rimasta incosciente per tre giorni. Guardai l’orologio e mi alzai di scatto.-Sono le tre e mezza del pomeriggio!-
Si riscosse, e mi fissò ancora più sbalordito.
-E quindi?-
-Devo tornare a casa! I miei saranno preoccupati!- Non ci credevo nemmeno io, ma comunque corsi verso la porta, poi mi fermai.
Mi voltai verso Alec e lo fissai sbalordita di me stessa.
-Ho bisogno di vestiti.- Annui, poi si diresse verso una stanza. Poco dopo ne usci con dei vestiti. Erano solo un paio di jeans neri attillati, un paio di scarpe, e una giacca di pelle nera.
-Non ho biancheria da donna in casa.- Per un secondo parve di vedere un leggero rossore sulle sue guance, ma dietro il suo pallore non si sarebbe comunque notato.
-Fa nulla.- Presi di corsa i vestiti, e me li misi. Andai verso la porta, e di nuovo mi fermai. Presi a brontolare.
-Merda. Ma guarda tu che mi tocca fare per quei due babbuini.- Mi girai per l’ennesima volta verso Alec.
-Ho bisogno di un passaggio. Hai la macchina?- annui, poi prese la tazzina, bevve tutto d’un sorso il caffè e si diresse verso la porta. Mi condusse verso un garage. Apri la serranda e scoprii che aveva un bolide al posto della macchina. Una Porche Carrera, nera metallica si estendeva in tutta la sua bellezza. Rimasi a bocca aperta. Fece il gesto di prendermi per mano, ma si fermò e mi apri solo lo sportello. Quel ragazzo riusciva a capirmi al volo. Parti in quarta e subito ci trovammo fra le strade del paese. Per tutto il tragitto stemmo in silenzio. Parcheggiò poco lontano da casa, feci per uscire, ma mi rivoltai verso di lui.
-Come muoiono?- Alla mia domanda sorrise sadico. Poi rispose:
-Le teste mozzate vanno più che bene. Di solito le spade in argento sono un ottima arma contro di loro.-
Accennai un sorriso, di nuovo assassino.
-Procurati due spade di argento. Tra un oretta fatti trovare di nuovo in questo punto. Salvo imprevisti dovrei riuscire a venire. Se non ti dispiace.-
-Non è un problema, mi sento così solo in quella casa. - Per un momento un briciolo di ironia mi pervase.
-E come può essere, con una bellezza simile nel garage?- per la prima volta lo sentii ridere. Gli concedetti un sorriso strappato, poi sbattei la portiera e mi diressi verso casa.